Giuseppe Solmi
 

Per saperne di più - Frammenti

I frammenti di pergamena mi parlano.
Quella superficie glabra, raggrinzita, cosparsa di pori otturati da polvere e sudore.
I frammenti traspirano la storia che li ha attraversati, basta ascoltarli.
Ancor prima di leggerli mi raccontano di chi li ha vergati, dell'attenzione posta nell'ordinare le parole e le abbreviazioni perchè la pergamena costa cara.
Mi raccontano di quando sono stati riposti in un cassone, laggiù in cantina, e l'umidità li ha gonfiati.
Ma qualcuno li trova e li riutilizza ancora per racchiudere e confezionare altri fogli E la pergamena si contrare di nuovo, si piega, si accartoccia su se stessa.
E continua a parlarmi di sé, attraverso le parole appuntate sui margini, nei numeri scritti velocemente a matita in un angolo.
E allo stesso modo di uno scavo archeologico quando scendendo strato dopo strato ritrovo il terreno vergine così anche su questo frammento leggo e comprendo i reimpieghi, da quando fu tagliato e vergato la prima volta sino all'uso più recente.
 


Foglio manoscritto su pergamena tratto da Salterio,Inghilterra,XIIIsec.
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Bibbia glossata, Francia, XIII sec.
In età umanistica, rinascimentale e nei secoli seguenti, fogli e bifogli di codici pergamenacei destinati alla distruzione, furono reimpiegati dai legatori dell'epoca ad uso di copertina o di sguardie, celati nelle costole come rinforzo sia di registri sia di altri codici o libri.
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Decretum Gratiani, Francia, XIV sec. Particolare
Manoscritti considerati obsoleti, usati come materiale di
recupero, divennero così accessori estetici o funzionali. Le ragioni storiche del reimpiego di parti o frammenti di codici in legatura vanno cercate nei secoli XVI e XVII ed è principalmente nel Seicento che si fanno sentire le conseguenze di importanti avvenimenti storici e culturali.
Inizialmente, fu l'avvento della stampa che, nella seconda metà del secolo XV, rivoluzionò in pochi decenni la produzione di libri discostandosi dai precedenti modelli codicologici, diffondendo testi dai nuovi contenuti più agevolmente leggibili grazie a caratteri uguali e regolari, emarginando progressivamente il libro manoscritto.
Una seconda spiegazione va rintracciata nel Concilio tridentino (1545-1563) che riformando il rito decretò inutilizzabili molti testi liturgici manoscritti. La revisione dell'Ufficio canonico e del Breviario portarono innovazioni e il conseguente superamento del testo precedente. Anche i testi ebraici furono riciclati per inutilizzo ma soprattutto in seguito alla confisca attuata dall'Inquisizione post - tridentina. Da ricondurre a motivi religiosi è poi la censura dell'Index che pesò sulla sentenza di scarto di vecchi codici.
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Lezionario, area germanica XII sec.
Nei secoli successivi il gusto di cose nuove ed il disprezzo per il Medioevo e per tutto ciò che era sentito come gotico, inclusi quindi codici in scrittura medievale, portarono ad un ulteriore dispersione dei manoscritti. Infine nel '700 il gusto del collezionismo causò un vero
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Omiliario, metà XII secolo.
saccheggio all'interno dei codici dai quali furono tagliate miniature ed iniziali.
La consuetudine di riutilizzare i vecchi manoscritti risale inizialmente alla metà del secolo XIV quando i cartolari, come indicato negli statuti comunali, erano venditori di carte di papiro o di pergamena o di capretto, sia nuove sia vecchie, scritte, non scritte e recuperate da libri rilegati. Anche nei monasteri dal secolo XV si era diffusa la consuetudine di svendere o cedere "manoscritti quando si ottenevano edizioni a stampa dei medesimi testi".
Il fenomeno del reimpiego di vecchi codici smantellati va inquadrato all'interno della storia del libro, in un'ottica di ampia prospettiva che permetta l'analisi del fenomeno non solo dal punto di vista economico ma più in generale culturale. Oggi abbiamo infatti la possibilità di recuperare una preziosa e multiforme documentazione del Medioevo che nasce dalle esigenze del risparmio proprie dell'epoca (quando materiali del passato venivano riutilizzati spesso con ottimi risultati) ma che non si esaurisce in esse.

Il mondo medievale ha fornito ai secoli successivi alcuni dei prerequisiti per la nascita della scienza moderna: non solo ha offerto una vasta mole di traduzioni di testi greci e arabi (Aristotele, Platone, Avicenna), ma ha anche inventato un'istituzione, quella universitaria, che ha costituito per l'Occidente uno spazio specifico di
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Bibbia in versi denominata «Aurora»- Inghilterra, XIII sec.
riflessione filosofica e razionale, e realizzato un ceto di intellettuali, filosofi e teologi che, dall'interno delle stesse università, hanno fatto convivere la fede col libero approfondimento critico.

Foglio manoscritto su pergamena tratto «Commentaria....» di Alcuino di York, XI sec.
I grandi pensatori del medioevo avvertirono fortemente il peso dell'eredità della cultura antica, Bernardo di Chartres (1150) sosteneva che

"Siamo come nani sulle spalle dei giganti,
sì che possiamo vedere più cose di loro e
più lontane, non per l'acutezza della
nostra vista, ma perché sostenuti e portati
in alto dalla statura dei giganti"

Questo brano, divenuto famoso e di uso comune, rimandava alla cifra costitutiva della teoria della scienza nel medioevo. I programmi di studio, infatti, si fondavano sulla lettura di auctoritates, ovvero testi di autori di varia antichità che costituivano le basi delle singole discipline, cui si aggiungevano i commenti moderni più accreditati.
La lista dei libri di testo universitari era poi completata dalle glosse e dalle summae di molti professori. I testi fondamentali di diritto furono in
Foglio manoscritto su pergamena tratto da La Metafisica di Aristotele fine XIII secolo. Particolare.
Foglio manoscritto su pergamena tratto da Messale. Italia sett. XIII secolo. Particolare.
Corpus Iuris Canonicis e il Corpus Iuris Civilis. A Bologna questi testi furono commentati con l'aiuto delle glosse dei dottori bolognesi, sintetizzate da Francesco Accursio (1182-1260) nella Glossa Ordinaria.
Per gli studi medici si faceva riferimento a Ippocrate, Galeno, Costantino Africano, il Canone di Avicenna e il Colliget di Averroè. Lo studio della teologia si basava su due testi fondamentali, oltre alla Bibbia: le opere dei Padri della Chiesa e il libro delle Sentenze di Pietro Lombardo.
I teologi utilizzavano anche testi di natura strettamente filosofica, come quelli di Aristotele e di filosofi arabi. I testi Aristotelici, in ogni caso, avevano maggiore utilizzo presso la Facoltà di Arti (in seguito accorpata a quella di Medicina), che presiedeva alla formazione preliminare dello studioso universitario, dotandolo delle basi non solo grammaticali e retoriche, ma anche logiche e filosofiche, veri e propri prerequisiti d'accesso a Facoltà e studi più complessi.