Questo testo è tratto dal volume
Il Libro d'Ore - Un'introduzione
di D.Villani G.Solmi A.Balistrieri
Editore NOVACHARTA 2019
Nel 2010 lo Studio Solmi ha pubblicato un catalogo dal titolo La moda nei Libri d'Ore.
Introduzione
Le miniature medievali racchiudono numerose informazioni sulla moda europea dei secoli fra Trecento e Cinquecento che risulta essere argomento appassionante ma assai problematico per quanto riguarda la terminologia degli abiti medievali poiché non esiste un vocabolario europeo comune.
Lo stesso abito poteva essere chiamato in un modo in Italia e in uno diverso a Parigi e contemporaneamente parole uguali potevano indicare abiti di foggia diversa. Uno studio comparato sulla corrispondenza dei termini nella moda medievale, soprattutto per quelle italiana e francese, risulterebbe di sicuro interesse poichè oggi come allora i due paesi dettavano regole e stili.
Le prime "leggi suntuarie", vere e proprie regole del pubblico vestire, furono emanate a partire dal XIII secolo. L'abito ancor prima di proteggere la persona dalle avversità del clima o agevolarla nel lavoro, era un segno inequivocabile della classe sociale di appartenenza. Ognuno doveva indossare gli abiti del proprio rango senza oltrepassare i limiti fissati e doveva rispettare le regole anche in materia di colori: ad esempio nel XIV e XV secolo solo i nobili e i ceti più alti potevano indossare abiti di colore verde e alle donne del popolo erano proibiti i colori sgargianti.
La società medievale, anche se composta prevalentemente da poveri al limite dell'indigenza appare molto attenta al lusso e alla rappresentanza. L'ostentazione della ricchezza si basa sull'esibizione compiaciuta di abiti che non permettono lo svolgimento di alcuna attività lavorativa, soprattutto manuale. Si pensi agli alti sandali delle nobildonne veneziane che per camminare dovevano venire sorrette o alle alte acconciature o ancora agli strascichi e alle scarpe a punta.
Guardaroba femminile
L'ideale femminile trecentesco esalta una figura esile e longilinea, con capelli biondi e carnagione chiara, viso ovale e seno appena accennato. Vesti attillate, lunghi strascichi e lunghe maniche a campana contribuiscono fortemente ad esaltare il senso di verticalità della figura.
Per entrambi i sessi il guardaroba si compone di indumenti sovrapposti: sulla camicia, in lino leggero, le donne del XV secolo indossano la cotta - chiamata in Italia gamurra -, abito di tutti i giorni che si infila dalla testa e spesso presenta due falde aperte sul davanti unite da un laccio intrecciato. Nel corso del XV secolo nelle maniche della gamurra compaiono delle finestrelle sotto all'ascella o sotto al gomito dalle quali traspare la camicia. Lo scopo di queste aperture è quello di evitare strappi e di agevolare i movimenti ma rapidamente si trasforma in un vezzo che viene presto attaccato dai predicatori che le battezzano "finestre dell”inferno". Anche lungo i fianchi si creano lunghi spacchi che consentono alla gestante di allargare l'abito senza cambiarlo. Le maniche, fortemente soggette all'usura, divengono ben presto staccabili fino a trasformarsi in uno degli accessori più importanti del guardaroba, non solo femminile. Sopra la gamurra (a volte chiamata gonnella) le donne italiane indossano una veste, la guarnacca (sopravveste). Questi sono gli indumenti più utilizzati che pur assumendo fogge e nomi diversi a seconda dell'area geografica, non cambiano per secoli. Nel Trecento si diffonde in tutta Europa il gusto per le estensioni e alle maniche della guarnacca tagliate al gomito, si appendono i manicottoli , strisce decorative di tessuto, a volte lunghe fino a terra.
In Francia la sopravveste più diffusa prende il nome di surcot - sopra la cotta - . Lungo o corto, smanicato o con maniche staccabili, il surcot ebbe un infinito numero di varianti. La versione smanicata aveva ampie aperture laterali dalle quali apparivano le maniche della cotta sottostante; se confezionato in stoffa preziosa e bordi di ermellino poteva divenire un abito da cerimonia; molte Sante martiri sono rappresentate con questo abito.
Il termine italiano guarnacca pare non trovi esatta corrispondenza nel vocabolario nordeuropeo dove viene tradotto con houppelande, in italiano pellanda, che connota però un capo diverso con caratteristiche proprie. L' houppelande nasce in Francia alla fine del XIV secolo e trova ampia diffusione nel secolo successivo.
Indossata da entrambi i sessi era il capo più ricco del guardaroba, appannaggio delle classi medio alte che potevano permettersi il costo di una notevole quantita' di tessuto e di una fodera in pelliccia ed è capace di segnalare immediatamente lo status sociale di chi lo indossa. Nei primi tempi è una veste fluente e panneggiata, aperta davanti e con ampie maniche. Durante il XV secolo si trasforma con maniche più strette, scollatura a V, anche sulla schiena, e chiusa davanti da un'alta cintura posta sotto al seno che stringendo la vita conferisce alla figura femminile la caratteristica silhouette a clessidra.
Guardaroba maschile
Come per l’abbigliamento femminile anche per quello maschile esistevano capi ben definiti che segnalavano la classe di appartenenza. Nella biancheria intima le mutande, chiamate sarabule e antesignane dei nostri slip, erano gia' conosciute, ma poco utilizzate.
La camicia, detta interula o tunica, confezionata in tela di lino bianco, grossa o fine a seconda del ceto sociale, doveva essere resistente per evitare il cambio giornaliero. Per le classi alte non doveva rimanere mai totalmente in vista, solamente allo scollo, ai polsi, e dalle finestrelle del farsetto. Una vera rivoluzione fu quella che, a cavallo del XIV secolo, portò l'uomo a mostrare le gambe con abiti corti e aderenti. Questa moda delle gambe scoperte arrivò fino al XIX secolo quando le gambe si ricoprirono nuovamente con i pantaloni veri e propri. La cottardita- dal francese cote hardy - sopravveste derivata dall'abbigliamento militare- lasciava scoperte le gambe fino al ginocchio mentre il capo rivoluzionario del periodo medievale - il farsetto - che compare in Francia a cavallo fra XIII e XIV secolo, lascia scoperta l'intera gamba. Fino a tutto il XV secolo il "pourpoint" è il capo maschile per eccellenza, indossato da tutte le classi sociali, utilizzato in numerosi momenti della giornata, in casa o al lavoro. Si tratta di un corpetto, spesso imbottito con bambagia - il termine italiano deriva da"farsa" cioè imbottitura -, modellato sulle forme del corpo e indossato sotto l'armatura con il compito di attutire i colpi che si potevano ricevere durante un combattimento corpo a corpo. Era allacciato davanti con una fila di bottoni e terminava con un colletto alto e imbottito. La lunghezza variava dalla mezza coscia fino al bacino. Le maniche potevano essere aderenti sull'avambraccio e larghe verso la spalla, oppure aderenti con finestrelle all'altezza dell'ascella e del gomito per agevolare i movimenti. Sopra al farsetto, si potevano indossare vari tipi di sopravveste come la cioppa, o la guarnacca abbastanza lunga e con spacchi laterali per cavalcare. Nelle miniature francesi ritroviamo spesso sopravvesti di questo tipo dotate anche di mezze maniche che lasciano vedere la veste sottostante o il farsetto.
Con l'ultimo quarto del XV si diffonde in Europa anche l'uso di maniche intercambiabili che vengono fissate alle mezze maniche o alla spalla. L'usanza di sostituire le maniche appuntandole con stringhe o laccetti, notorio il richiamo al detto odierno "questo è un altro paio di maniche", era un espediente per modificare l'abito secondo i dettami della moda ma senza sostenere ulteriori costi.
Un altro tipo di sopravveste era la giornea, capo originale ed elegante, che si indossava sopra il farsetto; aperto ai lati arrivava a mezza coscia ed era generalmente senza maniche o con maniche prettamente ornamentali che non venivano infilate.
Calzature
L'abito corto maschile, rivelando la gamba, richiedeva calze aderenti e ben tese poiché scarsa aderenza era segno di disordine e trasandatezza. Nelle miniature dell'Annuncio ai pastori sono spesso rappresentati pastori con calze rammendate o cadenti. Le calze potevano costituire un unico capo assieme alle scarpe e in quel caso venivano chiamate "calze solate" cioè dotate di suola in cuoio. Le calze avevano gambe separate fissate al farsetto con stringhe e lacci. Verso la fine del Trecento, in risposta alle critiche di mostrare le proprie "pudenda" , qualcuno ebbe l'idea di cucire le due gambe ad un fazzoletto centrale di stoffa triangolare per coprire il pube. Questo pezzo mobile divenne la cosiddetta braguette cioè la patta dei pantaloni. Le calze così confezionate vennero chiamate calzabrache.
Le diffusissime scarpe a punta chiamate "alla poulaine", indosate da entrambi i sessi, comparvero tra XIII e XIV secolo e vennero utilizzate per due secoli e solo all'inizio del Cinquecento la moda le sostituì con scarpe dalla punta quadrata. La lunghezza della punta, come quella dello strascico, era commisurata al ceto sociale e le scarpe dei regnanti non avevano limitazioni.
Questo genere di calzari, come le "finestre dell'inferno", era considerato dalla Chiesa un'opera del demonio poichè impedivano d'inginocchiarsi e la punta sollevava la gonna. Una calzatura maschile molto diffusa rimane lo stivaletto in pelle, alto fino al polpaccio spesso con risvolto superiore.
Copricapi
Il cappuccio provvisto di mantellina (chaperon) appare all’incirca alla fine del XII secolo e diviene rapidamente un capo indispensabile abbinato ad ogni abito. Copre interamente la testa avvolgendo i capelli e viene indossato anche sopra la tradizionale cuffia bianca. Nel corso del XIV secolo, forse seguendo la moda delle bande che pendono dagli abiti, nella parte posteriore del cappuccio compare una vera e propria "coda" imbottita che prende il nome di "liripipion" e che ne diviene la caratteristica principale.
Con il XV secolo si apre un periodo molto ricco di acconciature di ogni tipo che variano in funzione della classe sociale e dell'età della persona. Di gran moda è l'hennin, acconciatura nata a Venezia due secoli prima e composta da un alto cono rigido ricoperto in velluto o in seta, al cui vertice è applicato un velo o un pizzo a volte inamidato. E' curioso notare come ancora oggi le fate delle fiabe vengano rappresentate con questo copricapo. Molto più diffusi rimangono comunque cuffie, berrette e asciugatoi soprattutto tra i ceti più poveri e tra i contadini.
Anche per gli uomini nel corso del Quattrocento si diffonde la moda dei cappelli la cui varietà è, per l'epoca, impressionante: coni, cappucci, berretti di pelle, in tessuto o in velluto popolano le immagini del periodo e il gusto per la moda orientale porta alla grande diffusione di ogni sorta di turbanti mentre la grande massa del popolo continua a vestire in modo essenziale e funzionale al tipo di lavoro svolto.
Il guardaroba maschile dei ceti più poveri si compone della camicia, della tunica cinta ai fianchi o ricoperta da una sopravveste, da calze e stivali e dall'immancabile cappuccio. I colori sono spenti o addirittura "non colori" cioè mantengono il colore del tessuto poichè la tintura delle stoffe è costosa. Le testimonianze sull'abbigliamento dei poveri, che non lasciavano eredità, sono molto scarse e lo studio delle miniature risulta essere di grande utilità poiché, soprattutto nelle scene campestri, come l'Annuncio ai pastori, si traggono informazioni sull'abbigliamento dei contadini.